| BAND: Blaze Bayley ALBUM: The man who would not die VOTO: 7 ANNO: 2008 ETICHETTA: Blaze Bayley Records / Audioglobe GENERE: Heavy Metal RECENSORE: Anna Minguzzi (Metallus)
Blaze non molla. Lascia passare quattro anni dal suo ultimo disco, cambia completamente band di supporto e si imbarca in un’altra impresa, producendo da sé il suo nuovo disco e dandogli un’impronta chiaramente rinnovata, dando fra l’altro connotazioni più oscure alla sua voce, in linea con il resto dell’album. Si percepisce un’atmosfera strana, un po’ da incubo e un po’ da simbologia mitologico – religiosa, che traspare già guardando la sconcertante copertina, dove un uomo flagellato viene accerchiato da individui mascherati con teste a forma di animale, sullo sfondo di altri simboli molto chiari, come un cappio, le mura di un edificio che potrebbe benissimo essere una chiesa e la polena di una barca. Tutti simboli insomma che rimandano alla morte (non manca difatti lo scheletro con la falce), ma paradossalmente si tratta dell’album che segna la rinascita per questo artista, che può avere molti pregi e difetti ma di cui di sicuro non si può dire che sia fortunato. Questa cupezza si riflette naturalmente sui brani, caratterizzati di solito da un ritmo veloce, quasi furioso in alcuni casi, in cui si alternano bene le parti cantate e quelle strumentali, per un heavy metal che non sa di vecchio, ma anzi sprigiona una forte carica vitale. In particolare, i due brani più intensi da questo punto di vista sono “While You Were Gone” e “At The End Of Tne Day”. Entrambi contengono una prima parte lenta e affidata principalmente a voce e chitarra senza effetti, ed entrambe tendono a velocizzarsi, anche se la prima aggiunge gli altri strumenti molto più rapidamente, per poi terminare con un semplice arpeggio di chitarra, mentre la seconda mantiene più a lungo la sua cadenza tranquilla. Sono i due brani in cui la voce di Blaze tocca i suoi vertici a livello emozionale, dimostrando che anche questo singer, spesso bistrattato ed eterno comprimario, ha comunque delle buone carte da giocare. Anche “Voices From The Past” suscita interesse, soprattutto perché si tratta di un brano vario, in cui parti strumentali veloci si alternano regolarmente a parti cantate più lente e meditative. Che l’ex Maiden abbia finalmente trovato la strada giusta?
|