| Recensione di metallus:
07/09/2007
Al termine dell’ascolto di “The Divine Conspiracy”, nuovo cd degli Epica, non potrete non rimanere a bocca aperta. Capolavoro potrebbe essere il termine giusto per descrivere questo album, senza correre il rischio di esagerare. Salita alla ribalta un po’ per la collaborazione ed il tour con i Kamelot, un po’ per la bravura dell’avvenente female singer Simone Simons, la band olandese ha firmato un deal con la superpotenza Nuclear Blast, che ha creduto fortemente in questo progetto e sta per lanciare gli Epica nel firmamento del metal internazionale. Il giovane quintetto, giunto al terzo album (senza contare la miriade di uscite, tra singoli, EP e compilation), ha compiuto un balzo in avanti che ha dell’incredibile, nemmeno si stesse parlando del saltatore azzurro Andrew Howe, agli ultimi mondiali di atletica. Davvero impressionante questo disco, sotto tutti i punti di vista. In “The Divine Conspiracy” c’è tutto: produzione, arrangiamenti, pathos, grinta, sentimento. Ergo, c’è la musica, in tutte le sue mille sfaccettature. Nell’opener “The Obsessive Devotion” si ha un concentrato di metal sinfonico e raffinato, rabbioso nelle growls del chitarrista Mark Jansen che si intrecciano alle dolci note cantate da Simone, sorretto da una ritmica pulsante ed un intermezzo di violini da brividi. Ma gli Epica non si fermano qui e sono capaci anche di osare. Lo dimostrano le seguenti “Menace Of Vanity”, cupa e tirata, dove fanno capolino i Dimmu Borgir, e “Chasing The Dragon”, suadente ed acustica, in cui la voce lirica della bella rossa è sufficiente a sorreggere l’intero pezzo. Non troverete in questo platter le hit radiofoniche e ruffiane dei Nightwish e degli Evanescence, perché “The Divine Conspiracy” è bello cattivo e non disdegna puntate nel metal più estremo.”Death Of A Dream” e “Living a Lie” non deluderanno i vecchi fan, la prima impreziosita da una preghiera in latino da lacrime agli occhi, la seconda resa sensuale e sinuosa da ritmi arabeggianti, in cui non si può non immaginare Simone Simons ancheggiare sul palco. La magniloquenza degli arrangiamenti, la maestosità dei cori, la potenza delle chitarre e del sound in generale rimanda direttamente ai Kamelot, ma gli Epica sono ormai in grado di camminare con le proprie gambe ed hanno sgombrato il campo da paragoni scomodi, con After Forever, Whitin Temptation e tutte le altre band con una fanciulla dietro al microfono. La title track è una lunga e teatrale suite posta in coda all’album, in cui si può ammirare tutta la classe dei nostri, che mettono sul tavolo da gioco i propri assi. Cala così il sipario su un’opera di oltre settanta minuti senza cadute di tensione, da ascoltare tutta d’un fiato e di cui vi innamorerete. Ghotic? Power? Film-score? Black sinfonico? Tutto questo e tanto altro ancora: è semplicemente “The Divine Conspiracy”, un disco da avere assolutamente.
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